LEGGE 30 dicembre
1971, n. 1204
Tutela delle lavoratrici
madri
(G.U. 18 gennaio
1972, n. 14).
IL PRESIDENTE
DELLA REPUBBLICA
Promulga la seguente
legge:
Titolo I NORME
PROTETTIVE
Art. 1 Le disposizioni
del presente titolo si applicano alle lavoratrici, comprese le
apprendiste, che prestano la loro opera alle dipendenze di privati
datori di lavoro, nonché alle dipendenti dalle amministrazioni
dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, dalle regioni, dalle
province, dai comuni, dagli altri enti pubblici e dalle società
cooperative, anche se socie di queste ultime. Alle lavoratrici
a domicilio si applicano le norme del presente titolo di cui agli
articoli 2, 4, 6 e 9. Alle lavoratrici addette ai servizi domestici
e familiari si applicano le norme del presente titolo di cui agli
articoli 4, 5, 6, 8 e 9. Sono fatte salve, in ogni caso, le condizioni
di maggior favore stabilite da leggi, regolamenti, contratti,
e da ogni altra disposizione.
Art. 2 Le lavoratrici
non possono essere licenziate dall'inizio del periodo di gestazione
fino al termine del periodo di interdizione dal lavoro previsto
dall'articolo 4 della presente legge, nonché fino al compimento
di un anno di età del bambino. Il divieto di licenziamento opera
in connessione con lo stato oggettivo di gravidanza e puerperio,
e la lavoratrice, licenziata nel corso del periodo in cui opera
il divieto, ha diritto di ottenere il ripristino del rapporto
di lavoro mediante presentazione, entro novanta giorni dal licenziamento,
di idonea certificazione dalla quale risulti l'esistenza, all'epoca
del licenziamento, delle condizioni che lo vietavano. Il divieto
di licenziamento non si applica nel caso: a) di colpa grave da
parte della lavoratrice, costituente giusta causa per la risoluzione
del rapporto di lavoro; b) di cessazione dell'attività dell'azienda,
cui essa è addetta; c) di ultimazione della prestazione per la
quale la lavoratrice è stata assunta o di risoluzione del rapporto
di lavoro per la scadenza del termine (1). Le lavoratrici addette
ad industrie e lavorazioni che diano luogo a disoccupazione stagionale,
di cui alla tabella annessa al decreto ministeriale 30 novembre
1964, e successive modificazioni, le quali siano licenziate a
norma della lettera b) del terzo comma del presente articolo,
hanno diritto, per tutto il periodo in cui opera il divieto di
licenziamento, alla ripresa dell'attività lavorativa stagionale
e, sempreché non si trovino in periodo di astensione obbligatoria
dal lavoro, alla precedenza nelle riassunzioni. Durante il periodo
nel quale opera il divieto di licenziamento, la lavoratrice non
può essere sospesa dal lavoro, salvo il caso che sia sospesa l'attività
dell'azienda o del reparto cui essa è addetta, sempreché il reparto
stesso abbia autonomia funzionale. ---------- N.B.: Con sentenza
n. 61 dell'8 febbraio 1991, la Corte costituzionale ha dichiarato
la illegittimità costituzionale del presente articolo nella parte
in cui prevede la temporanea inefficacia anziché la nullità del
licenziamento intimato alla donna lavoratrice nel periodo di gestazione
e di puerperio. (1) La Corte Costituzionale, con sentenza 31 maggio
1996, n. 172, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del
presente comma nella parte in cui non prevede l'inapplicabilità
del divieto di licenziamento nel caso di recesso per esito negativo
della prova.
Art. 3 E' vietato
adibire al trasporto e al sollevamento di pesi, nonchè ai lavori
pericolosi, faticosi ed insalubri le lavoratrici durante il periodo
di gestazione e fino a sette mesi dopo il parto. In attesa della
pubblicazione del regolamento di esecuzione della presente legge,
i lavori pericolosi, faticosi ed insalubri restano determinati
dalla tabella annessa al decreto del Presidente della Repubblica
21 maggio 1953, n. 568. Le lavoratrici saranno addette ad altre
mansioni per il periodo per il quale è previsto il divieto di
cui al comma precedente. Le lavoratrici saranno, altresì, spostate
ad altre mansioni durante la gestazione e fino a sette mesi dopo
il parto nei casi in cui l'Ispettorato del lavoro accerti che
le condizioni di lavoro o ambientali sono pregiudizievoli alla
salute della donna. Le lavoratrici che vengano adibite a mansioni
inferiori a quelle abituali conservano la retribuzione corrispondente
alle mansioni precedentemente svolte, nonché la qualifica originale.
Si applicano le norme di cui all'articolo 13 della legge 20 maggio
1970, n. 300, qualora le lavoratrici vengano adibite a mansioni
equivalenti o superiori.
Art.4 E' vietato
adibire al lavoro le donne: a) durante i due mesi precedenti la
data presunta del parto; b) ove il parto avvenga oltre tale data,
per il periodo intercorrente tra la data presunta e la data effettiva
del parto; c) durante i tre mesi dopo il parto (1). L'astensione
obbligatoria dal lavoro è anticipata a tre mesi dalla data presunta
del parto quando le lavoratrici sono occupate in lavori che, in
relazione all'avanzato stato di gravidanza, siano da ritenersi
gravosi o pregiudizievoli. Tali lavori sono determinati con propri
decreti dal Ministro per il lavoro e la previdenza sociale, sentite
le organizzazioni sindacali. ---------- (1) Con sentenza n. 332
del 24 marzo 1988, la Corte costituzionale ha dichiarato l'illegittimità
del presente comma, lettera c), nella parte in cui non prevede
che le lavoratrici affidatarie in preadozione possono avvalersi
della astensione obbligatoria durante i 3 mesi successivi all'effettivo
ingresso del bambino nella famiglia affidataria.
Art. 5 L'Ispettorato
del lavoro può disporre, sulla base di accertamento medico, l'interdizione
dal lavoro delle lavoratrici in stato di gravidanza, fino al periodo
di astensione di cui alla lettera a) del precedente articolo,
per uno o più periodi, la cui durata sarà determinata dall'Ispettorato
stesso, per i seguenti motivi: a) nel caso di gravi complicanze
della gestazione o di preesistenti forme morbose che si presume
possano essere aggravate dallo stato di gravidanza; b) quando
le condizioni di lavoro o ambientali siano ritenute pregiudizievoli
alla salute della donna e del bambino; c) quando la lavoratrice
non possa essere spostata ad altre mansioni, secondo il disposto
del precedente articolo 3. ---------- N.B.: Con sentenza n. 58
del 16 febbraio 1993, la Corte costituzionale ha dichiarato che
spettano alla regione - e per essa alle Unità sanitarie locali
- le competenze già svolte dagli Ispettorati del lavoro in materia
di controlli di carattere sanitario previsti dalla legge 30 dicembre
1971, n. 1204 per la tutela delle lavoratrici madri.
Art. 6 I periodi
di astensione obbligatoria dal lavoro ai sensi degli articoli
4 e 5 della presente legge devono essere computati nell'anzianità
di servizio a tutti gli effetti, compresi quelli relativi alla
tredicesima mensilità o alla gratifica natalizia e alle ferie.
Art. 7 La lavoratrice
ha diritto di assentarsi dal lavoro, trascorso il periodo di astensione
obbligatoria di cui alla lettera c) dell'articolo 4 della presente
legge, per un periodo, entro il primo anno di vita del bambino,
di sei mesi, durante il quale le sarà conservato il posto (1).
La lavoratrice ha diritto, altresì, ad assentarsi dal lavoro durante
le malattie del bambino di età inferiore a tre anni, dietro presentazione
di certificato medico. I periodi di assenza di cui ai precedenti
commi sono computati nell'anzianità di servizio, esclusi gli effetti
relativi alle ferie e alla tredicesima mensilità o alla gratifica
natalizia. ---------- (1) Con sentenza n. 332 del 24 marzo 1988
la Corte costituzionale ha dichiarato l'illegittimità costituzionale
del presente comma, nella parte in cui non prevede che il diritto
della lavoratrice madre alla astensione facoltativa dal lavoro
e alla relativa indennità spetti altresì, per il primo anno dall'ingresso
del bambino nella famiglia affidataria, alla lavoratrice alla
quale sia stato affidato provvisoriamente un minore ai sensi dell'art.
314/6 cod. civ.
Art. 8 Le ferie
e le assenze eventualmente spettanti alla lavoratrice ad altro
titolo non possono essere godute contemporaneamente ai periodi
di astensione obbligatoria dal lavoro di cui agli articoli 4 e
5, nonché a quelli di assenza facoltativa di cui all'articolo
7 della presente legge.
Art. 9 Alle lavoratrici
spetta l'assistenza di parto da parte dell'istituto presso il
quale sono assicurate per il trattamento di malattia, anche quando
sia stato interrotto il rapporto di lavoro, purché la gravidanza
abbia avuto inizio quando tale rapporto era ancora sussistente.
Alle lavoratrici spetta, altresì, l'assistenza ospedaliera anche
nei casi di parto normale nelle forme e con le modalità previste
dalle norme vigenti. Le lavoratrici gestanti possono sottoporsi
a visite sanitarie periodiche gratuite a cura dell'istituto presso
il quale sono assicurate. Le norme di cui al presente articolo
si applicano anche alle familiari dei lavoratori aventi diritto
all'assistenza sanitaria.
Art. 10 Il datore
di lavoro deve consentire alle lavoratrici madri, durante il primo
anno di vita del bambino, due periodi di riposo, anche cumulabili
durante la giornata. Il riposo è uno solo quando l'orario giornaliero
di lavoro è inferiore a sei ore. I periodi di riposo di cui al
precedente comma hanno la durata di un'ora ciascuno e sono considerati
ore lavorative agli effetti della durata e della retribuzione
del lavoro. Essi comportano il diritto della donna ad uscire dall'azienda.
I periodi di riposo sono di mezz'ora ciascuno, e in tal caso non
comportano il diritto ad uscire dall'azienda, quando la lavoratrice
voglia usufruire della camera di allattamento o dell'asilo nido,
istituiti dal datore di lavoro nelle dipendenze dei locali di
lavoro. I riposi di cui ai precedenti commi sono indipendenti
da quelli previsti dagli articoli 18 e 19 della legge 26 aprile
1934, n. 653, sulla tutela del lavoro delle donne.
Art. 11 In sostituzione
delle lavoratrici assenti dal lavoro, in virtù delle disposizioni
della presente legge, il datore di lavoro può assumere personale
con contratto a tempo determinato in conformità al disposto dell'articolo
1, lettera b), della legge 18 aprile 1962, n. 230, sulla disciplina
del contratto di lavoro a tempo determinato e con l'osservanza
delle norme della legge stessa.
Art. 12 In caso
di dimissioni volontarie presentate durante il periodo per cui
è previsto, a norma del precedente articolo 2, il divieto di licenziamento,
la lavoratrice ha diritto alle indennità previste da disposizioni
di legge e contrattuali per il caso di licenziamento. ----------
N.B.: Con sentenza n. 332 del 24 marzo 1988, la Corte costituzionale
ha dichiarato l'illegittimità del presente articolo nella parte
in cui non prevede che il diritto della lavoratrice a percepire,
nel caso di dimissioni volontarie presentate durante il periodo
di divieto di licenziamento stabilito dall'art. 2, le indennità
stabilite da disposizioni legislative e contrattuali per il caso
di licenziamento, si applichi anche alla lavoratrice affidataria
in preadozione che abbia presentato le dimissioni volontarie entro
un anno dall'effettivo ingresso del bambino nella famiglia affidataria.
Titolo II TRATTAMENTO
ECONOMICO
Art. 13 Le disposizioni
del presente titolo si applicano alle lavoratrici di cui all'articolo
l, comprese le lavoratrici a domicilio e le addette ai servizi
domestici e familiari, salvo quanto previsto dal successivo comma.
Alle dipendenti dalle amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento
autonomo, dalle regioni, dalle province, dai comuni e dagli altri
enti pubblici si applica il trattamento economico previsto dai
relativi ordinamenti salve le disposizioni di maggior favore risultanti
dalla presente legge (1). ---------- (1) Per l'interpretazione
autentica del presente comma vedi l'art. 8, D.L. 29 marzo 1991,
n. 103.
Art. 14 A decorrere
dal primo giorno del mese successivo a quello di entrata in vigore
della presente legge, al fine di consentire, nel periodo immediatamente
precedente e seguente il parto, l'astensione delle lavoratrici
mezzadre e colone dal lavoro dei campi e la buona coltivazione
del fondo, il mezzadro e il concedente, nei casi di provata necessità,
sono tenuti a concordare l'assunzione di una unità lavorativa,
la cui spesa sarà ripartita a metà tra mezzadro e concedente.
A partire dalla stessa data, alle lavoratrici mezzadre e colone
spetta, per tutto il periodo di astensione obbligatoria precedente
e successiva al parto previsto per le salariate e braccianti agricole,
una indennità giornaliera, che verrà erogata dall'INAM in misura
pari all'80 per cento del reddito medio giornaliero colonico.
Tale reddito viene stabilito, in via presuntiva per ogni due anni,
con decreto del Ministro per il lavoro e la previdenza sociale,
sentite le organizzazioni sindacali di categoria; per la prima
applicazione della presente legge tale reddito è fissato in lire
1.300 giornaliere. Trova applicazione anche nei confronti delle
colonie e mezzadre la norma di cui all'articolo 9 della presente
legge.
Art. 15 Le lavoratrici
hanno diritto ad una indennità giornaliera pari all'80 per cento
della retribuzione per tutto il periodo di astensione obbligatoria
dal lavoro stabilita dagli articoli 4 e 5 della presente legge.
Tale indennità è comprensiva di ogni altra indennità spettante
per malattia (1). A partire dal 1° gennaio 1973, le lavoratrici,
escluse quelle a domicilio e quelle addette ai servizi domestici
e familiari hanno diritto, altresì, ad un'indennità giornaliera
pari al 30 per cento della retribuzione per tutto il periodo di
assenza facoltativa dal lavoro prevista dal primo comma dell'articolo
7 della presente legge. Le indennità di cui ai commi precedenti
sono corrisposte con gli stessi criteri previsti per la erogazione
delle prestazioni dell'assicurazione obbligatoria contro le malattie
dall'ente assicuratore di malattia presso il quale la lavoratrice
è assicurata e non sono subordinate a particolari requisiti contributivi
o di anzianità assicurativa. --------- N.B.: Con sentenza n. 332
del 24 marzo 1988, la Corte costituzionale ha dichiarato l'illegittimità
costituzionale del presente articolo, nella parte in cui non prevede
che il diritto della lavoratrice madre alla astensione facoltativa
dal lavoro e alla relativa indennità spetti altresì, per il primo
anno dall'ingresso del bambino nella famiglia affidataria, alla
lavoratrice alla quale sia stato affidato provvisoriamente un
minore ai sensi dell'art. 314/6 cod. civ. (1) Con sentenza n.
972 del 19 ottobre 1988, la Corte costituzionale ha dichiarato
l'illegittimità costituzionale del presente comma nella parte
cui esclude dal diritto all'indennità giornaliera pari all'80%
della retribuzione, per il periodo compreso tra la fine del terzo
mese dopo il parto e la fine settimo mese dopo il parto, la lavoratrice
madre addetta a lavori pericolosi, faticosi e insalubri che, non
potendo essere spostata ad altre mansioni, sia costretta ad assentarsi
dal lavoro per avviso del competente Ispettorato del lavoro.
Art. 16 Agli effetti
della determinazione della misura delle indennità previste nell'articolo
precedente, per retribuzione s'intende la retribuzione media globale
giornaliera percepita nel periodo di paga quadrisettimanale o
mensile scaduto ed immediatamente precedente a quello nel corso
del quale ha avuto inizio l'astensione obbligatoria dal lavoro
per maternità. Al suddetto importo va aggiunto, eccezion fatta
per l'indennità di cui al secondo comma dell'articolo precedente,
il rateo giornaliero relativo alla gratifica natalizia e alla
tredicesima mensilità e gli altri premi o mensilità eventualmente
erogati alla lavoratrice. Concorrono a formare la retribuzione
gli stessi elementi che vengono considerati agli effetti della
determinazione delle prestazioni dell'assicurazione obbligatoria
contro le malattie. Nei confronti delle operaie dei settori non
agricoli, per retribuzione media globale giornaliera s'intende:
a) nei casi in cui, o per contratto di lavoro o per la effettuazione
di ore di lavoro straordinario, l'orario medio effettivamente
praticato superi le otto ore giornaliere, l'importo che si ottiene
dividendo l'ammontare complessivo degli emolumenti percepiti nel
periodo di paga preso in considerazione per il numero dei giorni
lavorati o comunque retribuiti; b) nei casi in cui, o per esigenze
organizzative contingenti dell'azienda o per particolari ragioni
di carattere personale della lavoratrice, l'orario medio effettivamente
praticato risulti inferiore a quello previsto dal contratto di
lavoro della categoria, l'importo che si ottiene dividendo l'ammontare
complessivo degli emolumenti percepiti nel periodo di paga preso
in considerazione per il numero delle ore di lavoro effettuato
e moltiplicando il quoziente ottenuto per il numero delle ore
giornaliere di lavoro previste dal contratto stesso. Nei casi
in cui i contratti di lavoro prevedano, nell'ambito di una settimana,
un orario di lavoro identico per i primi cinque giorni della settimana
e un orario ridotto per il sesto giorno, l'orario giornaliero
è quello che si ottiene dividendo per sei il numero complessivo
delle ore settimanali contrattualmente stabilite; c) in tutti
gli altri casi, l'importo che si ottiene dividendo l'ammontare
complessivo degli emolumenti percepiti nel periodo di paga preso
in considerazione per il numero di giorni lavorati, o comunque
retribuiti, risultanti dal periodo stesso. Per le operaie del
settore agricolo, per retribuzione si intende quella determinata
ai sensi dell'art. 28 del decreto del Presidente della Repubblica
27 aprile 1968, n. 488, per i salariati fissi (1). Nei confronti
delle impiegate, per retribuzione media globale giornaliera si
intende l'importo che si ottiene dividendo per trenta l'importo
totale della retribuzione del mese precedente a quello nel corso
del quale ha avuto inizio l'astensione. ---------- (1) Comma abrogato
dall'art. 3, L. 8 agosto 1972, n. 457.
Art. 17 L'indennità
di cui al primo comma dell'art. 5 è corrisposta anche nei casi
di risoluzione del rapporto di lavoro previsti dall'art. 2, lettere
b) e c), che si verifichino durante i periodi di interdizione
dal lavoro previsti dagli articoli 4 e 5 della presente legge.
Le lavoratrici gestanti che si trovino, all'inizio del periodo
di astensione obbligatoria dal lavoro, sospese, assenti dal lavoro
senza retribuzione, ovvero, disoccupate, sono ammesse al godimento
dell'indennità giornaliera di maternità di cui al primo comma
dell'art. 15 purché tra l'inizio della sospensione, dell'assenza
o della disoccupazione e quello di detto periodo non siano decorsi
più di 60 giorni. Ai fini del computo dei predetti 60 giorni,
non si tiene conto delle assenze dovute a malattia o ad infortunio
sul lavoro, accertate e riconosciute dagli enti gestori delle
relative assicurazioni sociali (1). Qualora l'astensione obbligatoria
dal lavoro abbia inizio trascorsi sessanta giorni dalla risoluzione
del rapporto di lavoro e la lavoratrice si trovi, all'inizio della
astensione obbligatoria, disoccupata e in godimento dell'indennità
di disoccupazione, essa ha diritto all'indennità giornaliera di
maternità anziché all'indennità ordinaria di disoccupazione. La
lavoratrice, che si trova nelle condizioni indicate nel precedente
comma ma che non è in godimento della indennità di disoccupazione
perché nell'ultimo biennio ha effettuato lavorazioni alle dipendenze
di terzi non soggette all'obbligo dell'assicurazione contro la
disoccupazione, ha diritto all'indennità giornaliera di maternità,
purché al momento dell'astensione obbligatoria dal lavoro non
siano trascorsi più di 180 giorni dalla data di risoluzione del
rapporto e, nell'ultimo biennio che precede il suddetto periodo,
risultino a suo favore ai fini dell'assicurazione di malattia
26 contributi settimanali. La lavoratrice che, nel caso di astensione
obbligatoria dal lavoro iniziata dopo 60 giorni dalla data di
sospensione dal lavoro, si trovi, all'inizio dell'astensione obbligatoria,
sospesa e in godimento del trattamento di integrazione salariale
a carico della Cassa integrazione guadagni, ha diritto in luogo
di tale trattamento, all'indennità giornaliera di maternità. ----------
(1) Con sentenza n. 106 del 7 luglio 1980 la Corte costituzionale
ha dichiarato l'illegittimità del presente comma, nella parte
in cui non esclude dal computo dei 60 giorni immediatamente antecedenti
l'inizio del periodo di astensione obbligatoria dal lavoro l'assenza
facoltativa non retribuita di cui la lavoratrice gestante abbia
fruito in seguito ad una precedente maternità, ai sensi del precedente
art. 7, primo e secondo comma. Con sentenza n. 332 del 24 marzo
1988 la Corte costituzionale ha dichiarato l'illegittimità costituzionale
del medesimo comma, nella parte in cui non esclude dal computo
dei sessanta giorni immediatamente antecedenti l'inizio del periodo
di astensione obbligatoria dal lavoro, il periodo di assenza di
cui la lavoratrice abbia fruito per accudire i minori affidatile
in preadozione. Con sentenza n. 132 del 29 marzo 1991 la Corte
costituzionale ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del
medesimo comma nella parte in cui, per le lavoratrici con contratto
di lavoro a tempo parziale di tipo verticale su base annua, allorquando
il periodo di astensione obbligatoria abbia inizio più di 60 giorni
dopo la cessazione della precedente fase di lavoro, esclude il
diritto all'indennità giornaliera di maternità, anche in relazione
ai previsti successivi periodi di ripresa dell'attività lavorativa.
Art. 18 Durante
il periodo di assenza obbligatoria dal lavoro di cui all'art.
4 della presente legge, spetta alle lavoratrici a domicilio, a
carico dell'INAM, l'indennità giornaliera di cui al precedente
art. 15 in misura pari all'80 per cento del salario medio contrattuale
giornaliero, vigente nella provincia per i lavoratori interni,
aventi qualifica operaia, della stessa industria. Qualora, per
l'assenza nella stessa provincia di industrie similari che occupano
lavoratori interni, non possa farsi riferimento al salario contrattuale
provinciale di cui al comma precedente, si farà riferimento alla
media dei salari contrattuali provinciali vigenti per la stessa
industria nella regione, e, qualora anche ciò non fosse possibile,
si farà riferimento alla media dei salari provinciali vigenti
nella stessa industria nel territorio nazionale. Per i settori
di lavoro a domicilio per i quali non esistono corrispondenti
industrie che occupano lavoratori interni, con apposito decreto
del Ministro per il lavoro e la previdenza sociale, sentite le
organizzazioni sindacali interessate, si prenderà a riferimento
il salario medio contrattuale giornaliero vigente nella provincia
per i lavoratori aventi qualifica operaia dell'industria che presenta
maggiori caratteri di affinità. La corresponsione dell'indennità
di cui al primo comma del presente articolo è subordinata alla
condizione che, all'inizio della astensione obbligatoria, la lavoratrice
riconsegni al committente tutte le merci e il lavoro avuto in
consegna, anche se non ultimato.
Art. 19 Per le lavoratrici
addette ai servizi domestici familiari, l'indennità di maternità
di cui all'art. 15 ed il relativo finanziamento sono regolati
secondo le modalità e le norme stabilite dal decreto delegato
emanato ai sensi dell'art. 35, lettera d), della legge 30 aprile
1969, n. 153. Fino al momento in cui entreranno in vigore le norme
del decreto delegato indicato nel comma precedente, continuano
ad applicarsi le disposizioni del titolo III della legge 26 agosto
1950, n. 860, relative alle lavoratrici domestiche.
Art. 20 L'interruzione
della gravidanza, spontanea o terapeutica, esclusa quella procurata,
è considerata a tutti gli effetti come malattia, salvo quanto
disposto dall'art. 12 del decreto del Presidente della Repubblica
21 maggio 1953, n. 568.
Art. 21 Per la copertura
degli oneri derivanti dalle norme di cui ai titoli primo e secondo
della presente legge, di competenza degli enti che gestiscono
l'assicurazione contro le malattie, è dovuto dai datori di lavoro
agli enti predetti un contributo sulle retribuzioni di tutti i
lavoratori dipendenti nelle seguenti misure: a) dello 0,53 per
cento sulla retribuzione per il settore dell'industria; b) dello
0,31 per cento sulla retribuzione per il settore del commercio;
c) dello 0,20 per cento sulla retribuzione per il settore del
credito, assicurazione e servizi tributari appaltati; d) di lire
2,43 per ogni giornata di uomo e di lire 1,95 per ogni giornata
di donna o ragazzo per i salariati fissi; di lire 2,95 per ogni
giornata di uomo e di lire 2,32 per ogni giornata di donna o ragazzo
per i giornalieri di campagna e compartecipanti per il settore
dell'agricoltura. Il contributo è dovuto per ogni giornata di
lavoro accertata ai fini dei contributi unificati in agricoltura
di cui al decreto-legge 28 novembre 1938, n. 2138, e successive
modificazioni, ed è riscosso unitamente ai contributi predetti.
A partire dal 1° gennaio 1973 è dovuto all'Istituto nazionale
per l'assicurazione contro le malattie un contributo annuo di
lire 25.000 milioni da parte della Cassa unica assegni familiari.
Per gli apprendisti è dovuto un contributo di lire 32 settimanali.
Per i lavoratori a domicilio tradizionali è dovuto un contributo
di lire 120 settimanali. Per i giornalisti iscritti all'Istituto
nazionale di previdenza per i giornalisti italiani "Giovanni Amendola"
è dovuto un contributo pari allo 0,15 per cento della retribuzione.
Per i lavoratori iscritti all'Ente nazionale di previdenza ed
assistenza per i lavoratori dello spettacolo è dovuto un contributo
pari allo 0,53 per cento della retribuzione. Per i lavoratori
iscritti all'Ente nazionale di previdenza ed assistenza per gli
impiegati dell'agricoltura è dovuto un contributo pari allo 0,50
per cento della retribuzione. Per i lavoratori iscritti alle Casse
di soccorso di cui al regio decreto 8 gennaio 1931, n. 148, e
successive modificazioni, è dovuto un contributo pari allo 0,53
per cento della retribuzione. Tale contributo non è dovuto per
il personale addetto alle autolinee extraurbane in concessione
iscritto alle Casse di soccorso istituite per effetto della legge
22 settembre 1960, n. 1054, per le quali il contributo previsto
a carico dei datori di lavoro dall'art. 2, n. 2), dei rispettivi
statuti è comprensivo dell'onere derivante dalla erogazione del
trattamento economico per le lavoratrici madri. Le eventuali eccedenze
fra il gettito dei contributi e le prestazioni erogate saranno
devolute, nell'ambito di ciascun istituto, ente o cassa, all'assicurazione
obbligatoria contro le malattie. Riguardo al versamento dei contributi
di cui al presente articolo, alle trasgressioni degli obblighi
relativi ed a quanto altro concerne il contributo medesimo, si
applicano le norme relative ai contributi per l'assicurazione
obbligatoria contro le malattie. Con decreto del Presidente della
Repubblica, su proposta del Ministro per il lavoro e la previdenza
sociale, di concerto con quello per il tesoro, la misura dei contributi
stabiliti dalla presente legge può essere modificata in relazione
alle effettive esigenze delle relative gestioni.
Art. 22 L'assicurazione
di maternità per le lavoratrici a domicilio tradizionali e per
le addette ai servizi domestici familiari, gestita dall'INPS,
è trasferita con i relativi avanzi di gestione all'INAM.
Titolo III (*)
CORRESPONSIONE DI UN ASSEGNO DI NATALITA' ALLE COLTIVATRICI DIRETTE,
ALLE LAVORATRICI ARTIGIANE E ALLE LAVORATRICI ESERCENTI ATTIVITA'
COMMERCIALE
(*) Per effetto
dell'art. 9, comma 1, L. 29 dicembre 1987, n. 546, le disposizioni
del presente titolo sono abrogate.
Art. 23 Alle coltivatrici
dirette, artigiane ed esercenti attività commerciale di cui rispettivamente
alle leggi 22 novembre 1954, n. 1136, 29 dicembre 1956, n. 1533,
e 27 novembre 1960, n. 1397, è corrisposto, in caso di parto o
di aborto spontaneo o terapeutico, un assegno, una volta tanto,
di lire 50.000. ---------- N.B.: Articolo abrogato dall'art. 9,
comma 1, L. 29 dicembre 1987, n. 546.
Art. 24 L'assegno
di cui al precedente articolo è, rispettivamente, corrisposto
in un'unica soluzione dalle Casse mutue comunali di malattia per
i coltivatori diretti, dalle Casse mutue provinciali di malattia
per gli artigiani e dalle Casse mutue provinciali di malattia
per gli esercenti attività commerciali competenti per territorio,
a seguito di apposita domanda in carta libera da presentarsi,
a cura dell'interessata, entro novanta giorni successivi al parto
o all'aborto. Alla domanda dovrà essere allegato, in caso di parto,
il certificato di nascita o il certificato di assistenza al parto
di cui al regio decreto-legge 15 ottobre 1936, n. 2128; in caso
di aborto un certificato medico attestante il mese di gravidanza
alla data dell'aborto. ---------- N.B.: Articolo abrogato dall'art.
9, comma 1, L. 29 dicembre 1987, n. 546.
Art. 25 Alla spesa
derivante dall'applicazione dell'art. 23 si provvede: a) con un
contributo annuo a carico dello Stato di lire 4.000 milioni; b)
con un contributo annuo: di lire 250 a carico dei titolari di
aziende diretto-coltivatrici, per unità iscritta alle Casse mutue
di malattia per i coltivatori diretti; di lire 200 a carico dei
titolari di imprese artigiane, per unità iscritta alle Casse mutue
di malattia per gli artigiani; di lire 500, 1.000, 1.500, 2.000
e 2.500 a carico degli esercenti attività commerciale, titolari
di imprese, appartenenti rispettivamente alla prima, seconda,
terza, quarta e quinta classe di reddito di cui all'art. 38, primo
comma, lettera c), della legge 27 novembre 1960, n. 1397. Il contributo
dello Stato di cui al precedente comma è corrisposto: a) per lire
1.700 milioni alla Federazione nazionale delle Casse mutue di
malattia dei coltivatori diretti, che provvederà a ripartirlo
tra le Casse mutue comunali in proporzione agli oneri da ciascuna
di esse sostenuti; b) per lire 950 milioni alla Federazione nazionale
delle Casse mutue di malattia degli artigiani, che provvederà
a ripartirlo tra le Casse mutue provinciali in proporzione agli
oneri da ciascuna di esse sostenuti; c) per lire 1.350 milioni
alla Federazione nazionale delle Casse mutue di malattia per gli
esercenti attività commerciale che provvederà a ripartirlo tra
le Casse mutue provinciali in proporzione degli oneri da ciascuna
di esse sostenuti. ---------- N.B.: Articolo abrogato dall'art.
9, comma 1, L. 29 dicembre 1987, n. 546.
Art. 26 All'onere
derivante allo Stato dall'applicazione del precedente art. 25
si provvede, per l'anno finanziario 1972, mediante riduzione,
per lire 2.000 milioni, del Fondo speciale iscritto al capitolo
n. 3523 dello stato di previsione della spesa del Ministero del
tesoro per l'anno medesimo. Il Ministro per il tesoro è autorizzato
a provvedere, con propri decreti, alle occorrenti variazioni di
bilancio. ---------- N.B.: Articolo abrogato dall'art. 9, comma
1, L. 29 dicembre 1987, n. 546.
Art. 27 Le disposizioni
di cui al presente titolo si applicano a tutti gli eventi verificatisi
dal 1° luglio 1972. ---------- N.B.: Articolo abrogato dall'art.
9, comma 1, L. 29 dicembre 1987, n. 546.
Titolo IV DISPOSIZIONI
VARIE, VIGILANZA E PENALITA'
Art. 28 Prima dell'inizio
dell'astensione obbligatoria dal lavoro di cui all'art. 4, lettera
a), della presente legge, le lavoratrici di cui all'art. 1 della
presente legge dovranno consegnare al datore di lavoro e all'istituto
erogatore delle indennità giornaliere di maternità il certificato
medico indicante la data presunta del parto. La data indicata
nel certificato fa stato, nonostante qualsiasi errore di previsione.
Art. 29 Tutti i
documenti occorrenti per l'applicazione della presente legge sono
esenti da ogni imposta, tassa, diritto o spesa di qualsiasi specie
e natura.
Art. 30 La vigilanza
sulla presente legge è demandata al Ministero del lavoro e della
previdenza sociale che la esercita attraverso l'Ispettorato del
lavoro. Al rilascio dei certificati medici di cui alla presente
legge sono abilitati gli ufficiali sanitari, i medici condotti,
i medici dell'istituto presso il quale la lavoratrice è assicurata
per il trattamento di maternità, salvo quanto previsto dai commi
successivi. Qualora i certificati siano redatti da medici diversi
da quelli di cui al precedente comma, il datore di lavoro o l'istituto
presso il quale la lavoratrice è assicurata per il trattamento
di maternità hanno facoltà di accettare i certificati stessi ovvero
di richiederne la regolarizzazione alla lavoratrice interessata.
I medici dell'Ispettorato del lavoro hanno facoltà di controllo.
Il certificato medico attestante la malattia del bambino, di cui
al secondo comma dell'articolo 7 della presente legge, può essere
redatto da un medico di libera scelta della lavoratrice. L'astensione
dal lavoro di cui all'art. 5, lettera a), della presente legge
è disposta dall'Ispettorato del lavoro in base ad accertamento
medico, per il quale l'Ispettorato del lavoro ha facoltà di delegare
gli ufficiali sanitari o di avvalersi dei servizi ispettivi degli
istituti previdenziali competenti o di enti pubblici e di istituti
specializzati di diritto pubblico. In ogni caso il provvedimento
dovrà essere emanato entro sette giorni dalla ricezione dell'istanza
della lavoratrice. L'astensione dal lavoro di cui alle lettere
b) e c) dell'art. 5 della presente legge è disposta dall'Ispettorato
del lavoro, oltreché su istanza della lavoratrice, anche di propria
iniziativa, qualora nel corso della propria attività di vigilanza
constati l'esistenza delle condizioni che danno luogo all'astensione
medesima. Parimenti, lo spostamento delle lavoratrici ad altre
mansioni, di cui al terzo comma dell'art. 3 della presente legge,
è disposto dall'Ispettorato del lavoro sia di propria iniziativa,
sia su istanza della lavoratrice. Fino all'emanazione del primo
decreto ministeriale di cui all'ultimo comma dell'art. 4 della
presente legge, l'anticipazione dell'astensione obbligatoria dal
lavoro di cui al secondo comma dell'articolo sopracitato è disposta
dall'Ispettorato del lavoro. I provvedimenti dell'Ispettorato
del lavoro in ordine a quanto previsto dai commi sesto, settimo,
ottavo e nono del presente articolo sono definitivi.
Art. 31 L'inosservanza
delle disposizioni contenute negli articoli 3, primo, secondo
e terzo comma, 4 e 5 è punita con l'arresto fino a sei mesi. L'inosservanza
delle disposizioni contenute nell'articolo 2 è punita con la sanzione
amministrativa da lire due milioni a lire cinque milioni. L'inosservanza
delle disposizioni contenute nell'articolo 10 e il rifiuto, l'opposizione
o l'ostacolo all'esercizio dei diritti di assenza dal lavoro di
cui all'art. 7 della presente legge sono puniti con la sanzione
amministrativa da lire un milione a lire cinque milioni. L'autorità
competente a ricevere il rapporto per le violazioni amministrative
previste dal presente articolo e ad emettere l'ordinanza di ingiunzione
è l'ispettorato del lavoro. ---------- N.B.: Articolo così sostituito
dall'art. 2, comma 1, D.Lgs. 9 settembre 1994, n. 566.
Art. 32 Con decreto
del Presidente della Repubblica, su proposta del Ministro per
il lavoro e la previdenza sociale, entro 90 giorni, saranno emanate
norme regolamentari per l'applicazione della presente legge.
Art. 33 Sono abrogate
le disposizioni della legge 26 agosto 1950, n. 860, sulla tutela
fisica ed economica delle lavoratrici madri e successive modificazioni
in contrasto con le norme della presente legge.
Art. 34 Le disposizioni
contenute negli articoli 11, 12 e 13 della legge 26 agosto 1950,
n. 860, continuano ad applicarsi in via transitoria ai datori
di lavoro che ai sensi della legge stessa, abbiano istituito camere
di allattamento o asili nido aziendali funzionanti alla data del
15 dicembre 1971. L'Ispettorato del lavoro, sentite le organizzazioni
sindacali aziendali, può autorizzare la chiusura delle camere
di allattamento e degli asili nido aziendali di cui al precedente
comma in relazione alle effettive esigenze delle lavoratrici occupate
nella azienda ed all'attuazione del piano quinquennale per l'istituzione
di asili nido comunali con il concorso dello Stato. ----------
N.B.: Con sentenza n. 92 del 30 maggio 1977, la Corte costituzionale
ha dichiarato la illegittimità costituzionale del presente articolo
nella parte in cui stabilisce che le disposizioni dell'art. 11
della legge 26 agosto 1950, n. 860, continuano ad applicarsi in
via transitoria ai datori di lavoro che, ai sensi della legge
stessa, abbiano istituito camere di allattamento o asili nido
funzionanti alla data del 15 dicembre 1971.
Art. 35 La presente
legge entra in vigore alla data della pubblicazione nella Gazzetta
Ufficiale, salvo le diverse decorrenze fissate dagli articoli
precedenti e salvo quanto previsto dal successivo comma. Alle
lavoratrici che al momento dell'entrata in vigore della presente
legge sono assenti dal lavoro ai sensi dell'art. 5 lettera a),
della legge 26 agosto 1950 n. 860, si continua ad applicare la
norma citata fino all'esaurimento del periodo di cui alla lettera
stessa.
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